Rolex day-Date: da Basilea fino in Oman
Le origini del Day-Date
Il brevetto del 1955 e la presentazione a Basilea
Nel 1956, alla fiera dell’orologeria di Basilea, Rolex presenta un orologio destinato a passare alla storia come “l’orologio dei presidenti”: il Rolex Day-Date.
Come da brevetto depositato il 23 luglio del 1955, il nome completo del modello è Oyster Perpetual Day-Date. L’orologio è caratterizzato da una cassa Oyster, che ne garantisce l’impermeabilità fino a 50 metri – primo vero vanto per Rolex – e dal movimento automatico. L’innovazione, tuttavia, risiede in una nuovissima complicazione che prevede la contemporanea presenza della data e del giorno scritto per esteso.
Metalli preziosi e diamanti: un orologio esclusivo
Il Day-Date, inoltre, viene realizzato unicamente in metalli preziosi, oro 18 KT o platino 950, con possibilità di aggiungere diamanti su quadrante e/o ghiera. L’acciaio, protagonista della maggior parte dei modelli della Casa, è il grande escluso, proprio per sottolineare ed enfatizzare il prestigio e l’esclusività del nuovo prodotto che, in breve, diviene un best-seller.

Dalla referenza 6511 al celebre 1803
La prima referenza è la 6511 con calibro 1055, ma è solo nei primi anni ’60 che viene presentato quello che, nell’immaginario collettivo, è la quintessenza del Day-Date: il 1803. La cassa è più snella rispetto alle precedenti, il movimento è 1555-1565 e a metà anni ’60 cede il passo al 1556 – e la combinazione quadrante-ghiera-bracciale sono il tassello essenziale che come le nicchie definisce una personalissima estetica.

Il legame con l’Oman e il simbolo Khanjar
È proprio in questo periodo che si inserisce la storia del Day-Date 1800 con il simbolo Khanjar, simbolo dell’Oman: a partire dagli anni ’70, il Khanjar tiene fede al legame tra le più importanti manifatture svizzere e il monarca più longevo del Medio Oriente, il sultano omanita Qaboos bin Said al Said.
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Il sultano Qaboos e la passione per l’orologeria
Grazie agli studi in Inghilterra, il sultano stringe importanti legami, tra cui quello con Sir Tim Landon, che lo introduce al collezionismo d’arte, gioielli ed orologi, presentandogli John Asprey, gioielliere londinese apprezzato tra le famiglie reali europee. Il rapporto con Asprey è cruciale per l’intermediazione con Rolex, ed altre case d’orologeria, per l’apposizione del simbolo Khanjar sul quadrante di alcuni orologi, destinati alle numerose figure di spicco, e non solo, sostenitrici dello sviluppo dell’Oman come nazione moderna.
Asprey e la stampa del logo sul quadrante
Lo stesso Asprey, su richiesta del sultano e previa autorizzazione della casa produttrice, applica il logo sul quadrante tramite la tecnica del décalque. Questo metodo di stampa consente di trasferire un disegno inciso su una lastra metallica grazie all’uso di un tampone in gelatina o gomma. A causa dei numerosi modelli e referenze effettuati dal Sultano, è spesso difficile ricostruire appieno la storia di ogni singolo esemplare.

A partire dagli anni 2000 il simbolo Khanjar non appare più sui quadranti, bensì è inciso sul fondello e dal 1977 vengono introdotte le referenze a cinghia fisse, ma questa è un’altra storia.

Alcune curiosità:
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Il Rolex Day-Date 1807 è uno dei modelli che unisce la lunetta e bracciale President presentano una lavorazione “a corteccia” o bark finish.
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Esistono due varianti del simbolo Khanjar: quella più comunemente personale del Sultano che appare più frequentemente in rosso sul quadrante, e quella adottata dalle forze di polizia dell’Oman in cui il Khanjar tradizionale è sormontato da una corona e circondato da una ghirlanda.
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Oltre ad Asprey, nel corso degli anni anche altri due rivenditori dell’Oman, Khimji Ramdas e Al Qurum Jewellery, hanno ottenuto il permesso governativo di stampare il logo sui quadranti. Il primo si occupava principalmente di Rolex, ma anche di Cartier e IWC, mentre il secondo trattava tutti gli altri marchi, inclusi Patek Philippe.
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Nel 1963 il calendario del Day-Date era in 11 lingue, nel 1979 in 24 e nel 1985 in 25. Oggi la Rolex presenta il calendario in ben 26 lingue.
a cura di Giulia Rocca Tecchia